A Cuorgnè il Presidio di Libera – Don Ciotti: “La mafia è tra di noi, anche in questa sala” (Guarda il video)

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CUORGNÈ –Perché Luigi Ioculano? Luigi Ioculano era una persona normale, semplice come tante, ma che ha saputo insegnare una cosa importante: che non si può stare a guardare, non si può svendere la propria libertà, e la propria dignità. Per questo a lui è stato dedicato il presidio di Cuorgnè. «Presidi come luoghi di formazione – ha commentato Maria Josè Fava (referente regionale di Libera) – di sensibilizzazione, luoghi dove fare comunità. 41 in Piemonte, dal Verbano Cusio Ossola ad Alessandria, ciascuno intitolato alla memoria di vittime innocenti della mafia, a partire da Emanuele Notarbartolo, ucciso in Sicilia: era il 1893. Da allora una lunga lista di morti, anche mamme e figli, tutti da ricordare, e si sapeva che le mafie erano anche al nord. Un nome per tutti, Bruno Caccia (1983), ucciso a Torino, sotto casa sua, perché incapace di scendere a compromessi. Un esempio è lo scioglimento del comune di Bardonecchia, il primo nel Nord, nel 1995, a cui seguirono quello di Bordighera nel 2011, di Ventimiglia nel 2012, assieme a quelli di Rivarolo e Leinì, e si è in attesa di conoscere cosa accadrà a Chivasso. A Leinì si è costituito un Comitato che a settembre diventerà presidio di Libera.
La parola a Don Ciotti, rieletto per i prossimi tre anni Presidente di Libera. Nelle sue parole l’importanza della parola “memoria”: «Vedo tanta retorica – ha detto – Vent’anni dalla strage di Capaci, ma nel frattempo si sono dimenticate tante altre morti, che vogliamo fare nostre. La memoria non è celebrazione, ma motore quotidiano per chi è morto per la democrazia del nostro Paese, un impegno lungo 365 giorni all’anno. La memoria racconta, ci aiuta a distinguere il giusto dall’ingiusto, il bene dal male.» Lo sguardo ai momenti di memoria con l’Anpi , l’impegno della Resistenza di ieri e di oggi, quella memoria che serve per costruire e radicare una nuova cultura di responsabilità, di impegno, e partecipazione; poi l’incredulità del non poter conoscere la verità, perché non c’è giustizia senza la ricerca della verità. Una verità che passeggia per le vie delle nostre città, anche tra le vie di Cuorgnè. «Loro ci sono sempre ad ascoltare, anche in questa sala, questa sera, a prendere appunti. Le loro radici sono al sud, ma i rami ed i frutti sono al Nord. Il problema più grande non è chi fa il male, ma chi guarda e lo lascia fare. Dobbiamo farci sentire unendo le forze degli onesti; farci sentinelle dei nostri territori, in modo umile, ma non superficiale. La crisi che stiamo attraversando significa cambiamento, e allora di fronte alla crisi, alla fatica, allo smarrimento noi vogliamo cambiare insieme, pensare idee a cui nessuno ha pensato, percorrere strade che nessuno ha percorso. Le parole sono stanche, le sentiamo continuamente dire ed è giunto il momento di dire basta.»
Alla mente di don Ciotti un campo confiscato ai mafiosi, a Gioia Tauro. «In oltre 9 anni – ha detto don Ciotti – l’ndrangheta di quel posto non ha mai permesso di giocare in quel campo. Ho chiesto alla Nazionale che venisse a calpestarlo, e così stato, il 13 novembre. Dopo quell’occasione Mario Balotelli disse: «In Calabria ho segnato la mia rete più bella, contento di avere partecipato ad una giornata che mi ha fatto capire tante cose; giocare su quel campo ha significato condividere con azioni concrete, il messaggio di Libera: confiscare i beni mafiosi e utilizzarli per un uso sociale.» Questa estate seimila ragazzi passeranno un pezzo delle loro vacanze, a scavare la terra. «Questo significa – ha concluso don Ciotti – scavare nelle proprie coscienze e farsi moltiplicatori di quell’impegno verso gli altri.»

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