CUORGNÈ – 130 donne capaci di raccontare un pezzo di storia. È quella di una realtà drammatica, legata alla mafia, contro la quale non si sono arrese. A loro è dedicata la mostra documentaria intitolata “Donne e Mafia”, allestita lungo i corridoi del Palazzo Municipale di Cuorgnè, curata da Rita Margaira e Laura Noce. Una ricerca durata nove mesi, a cui hanno partecipato diverse Associazioni: il Comitato Resistenza Colle del Lys, le donne dell’Associazione per la pace Gruppo di Rivoli con la supervisione di Anna Puglisi, fondatrice del “Centro di Documentazione Peppino Impastato” di Palermo, e Maria Josè Fava, responsabile di “Libera Piemonte”. Quattro le aree tematiche (“Dal dolore all’impegno”; “Dal silenzio alla parola”; “Da complici a protagoniste”; “Dalla rassegnazione alla partecipazione”) fatte di testimonianze vere, corrispondenti ai percorsi di crescita delle protagoniste: donne che hanno avuto morti ammazzati in casa; donne che nulla centravano con la mafia ma che per il solo fatto di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato, hanno perso la vita in modo casuale; donne attualmente impegnate nei movimenti antimafia, che attraverso attività di contrasto sul territorio, hanno lottato contro estorsioni ed usura. Madri, mogli, figlie, sorelle, familiari di testimoni di giustizia, scrittrici, fotografe, storiche, amministratrici, magistrate, poliziotte, imprenditrici che hanno scelto la via del coraggio, l’opposizione alla mafia attraverso l’azione concreta; poi le mafiose, alcune diventate collaboratrici di giustizia, accanto a figure femminili che hanno scelto di testimoniare in vari modi, e le Associazioni antimafia.
«Alcune di loro – recita uno dei pannelli – erano ancora bambine, altre già in grado di capire meglio quello che era successo: il loro padre assassinato perché si opponeva con l’impegno del proprio lavoro alle prepotenze mafiose. Hanno raccolto il testimone e sono diventate parte della grande famiglia che lotta per la legalità e la giustizia.»
Ed anche la collocazione della mostra assume particolare importanza nelle parole del Sindaco Beppe Pezzetto, che ha parlato di una esposizione, realizzata nel concetto di fare cultura a costo “zero”, in un periodo di forte crisi economica ma dalla valenza maggiore, in virtù dell’argomento trattato. E la stessa sede dell’allestimento assume un’importanza rilevante, quale luogo, ha sottolineato, «dove la legalità dovrebbe essere di casa.»
Lo sguardo anche alle mafiose vere, che prendono le decisioni, che dettano i movimenti delle nuove mafie, difficili da identificare, quelle, ha sottolineato la curatrice, che «non sparano, ma sono legate alle banche, ai fenomeni finanziari, che sanno con capacità manageriale dirigere questo tipo di mafia.» Una rassegna nata dalla volontà di creare una creatura viva, in grado di andare in giro, di far riflettere, e molti sono gli spunti: il condizionamento dei sistemi culturali e sociali che può condurre la donna prima ad una scelta di illegalità poi ad una posizione di denuncia; il passaggio da una situazione di grande dolore personale all’impegno nel contrastare la violenza e la corruzione; il coraggio di aderire a valori civici di testimonianza e di impegno attivo anche a rischio della propria sicurezza. «Siamo un gruppo di donne – ha continuato la curatrice – che collabora insieme per offrire un servizio culturale dedicando ogni anno ad un tema particolare. I festeggiamenti per il 150° anniversario dell’Unità Nazionale hanno visto parlare di troppi uomini che hanno contribuito a costruire l’Italia, da qui l’idea di ricordare le tante donne che l’hanno resa bella, invitando i visitatori a suggerire i nomi di chi avevamo dimenticato. Abbiamo conosciuto nomi che ci hanno spinto ad approfondire la storia delle donne in questa direzione.» E l’invito è quello di non arrendersi mai, e di non pensare che loro, i mafiosi, ce la faranno. «…Quel filo che all’inizio è un filo di sofferenza – scrive Simona Dalla Chiesa, figlia di Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso a Palermo la sera del 3 settembre 1982, assieme alla moglie Manuela Setti Carraro e al sua agente di scorta Domenico Russo – poi diventa anche un filo di speranza, per gli altri, per i giovani, a cui tentiamo di comunicare un messaggio che non sia mai di rassegnazione ma di fiducia. Perché chi muore consapevolmente per gli altri è comunque una persona che vuole trasmettere speranza.»
Tra gli eventi collaterali della mostra, l’appuntamento venerdì 1 febbraio, alle ore 21, dal titolo “L’infiltrazione della criminalità organizzata nelle regioni del Nord” con la testimonianza del vice Sindaco di Desio, Lucrezia Ricchiuti, e tra le idee quella di aggiungere un posto in biblioteca: “Lo scaffale della Libertà”. La mostra sarà visitabile fino al 9 febbraio. Orari: dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 12; sabato dalle 16 alle 19. Visite guidate per gruppi e scuole, al mattino su prenotazione al numero: 340.1674139 oppure contattando presidiolibera.cuorgnè@gmail.com
Karen Orfanelli