TORINO – Lo scorso 23 novembre, personale della Digos della Questura di Torino interveniva nella residenza universitaria Olimpia in Lungo Dora Siena dove, poco prima, era scattato un allarme antincendio proveniente dalla stanza in uso ad uno cittadino libanese di 26 anni, studente di ingegneria al Politecnico di Torino.
All’interno della stanza erano affissi sui muri diversi fotogrammi ritraenti i leader delle organizzazioni terroristiche islamiste Al Qa’eda ed ISIS e del gruppo palestinese Hamas, alcune bandiere dell’ISIS nonché una scritta in lingua araba recante la “shahada”, la “professione di fede” propria della religione islamica, riprodotta anche sulla bandiera nera dell’ISIS.
L’attività di indagine, inizialmente volta a rintracciare il cittadino libanese (in quel momento irreperibile) e ad accertare l’eventuale suo coinvolgimento in attività correlate al terrorismo jihadista, ha presto condotto a esiti diversi. L’attività di Polizia Giudiziaria, infatti, ha consentito di poter acclarare l’estraneità dello studente libanese rispetto a quanto accaduto, evidenziando invece come nella stanza del ragazzo (in quei giorni rientrato in patria) fosse stata realizzata una messa in scena strumentale a far credere che fosse un estremista radicalizzato, pericoloso e pronto a fare un attentato.
L’attenzione investigativa è stata sin da subito rivolta alla studentessa ucraina D.M. di 25 anni, nel recente passato legata sentimentalmente al giovane libanese e che, al momento dei fatti, occupava un’altra camera della residenza. La ragazza, fin dalle prime dichiarazioni rese agli investigatori, ha evidenziato profondo rancore nei confronti del giovane, verosimilmente a causa della fine di una relazione sentimentale complessa e tormentata. Il ragazzo infatti ha confermato agli agenti di aver interrotto il rapporto con la donna a causa del suo atteggiamento morboso, peggiorato soprattutto a seguito della volontà espressa dalla ragazza di voler contrarre matrimonio. Una volontà non corrisposta.
Gli accertamenti effettuati sui reperti sequestrati il 23 novembre 2018 hanno consentito di arrivare alla comparazione tra le tracce di DNA recuperate dai ritrovamenti e quello di D.M.. La venticinquenne aveva rubato le chiavi della stanza dell’ex compagno, approfittando dell’assenza momentanea dei custodi.
Giu 26 2019
Da presunto jihadista a vittima di una follia d’amore
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