CASTELLAMONTE – Le luci della Casa della Musica sono tutte spente e così l’ingresso della sala preannuncia con piccoli oggetti densi di significato cosa di lì a poco si sarebbe visto. Un candelabro, una sveglia, delle scarpette rosse … piccole cose che fanno subito volare la mente ad un’epoca ben precisa, un’epoca di violenze, di atrocità, che le nuove generazioni hanno il dovere di conoscere per far sì che non si ripetano mai più. Varcata la porta della sala dei concerti il pubblico si ritrova immerso, circondato e coinvolto dallo spazio scenico. Candele, filo spinato, fotografie in bianco e nero dei campi di concentramento e laggiù al fondo un forte fascio di luce che dall’alto illuminava uno strumento musicale, una viola ed il suo archetto. Gli artisti entrano lentamente nella penombra e il narratore Enrico Faletti recita a memoria con coinvolgimento e passione le parole di una bambina che è sopravvissuta all’Olocausto. Lei sì è sopravvissuta, ma sua madre e sua sorella e tanti come loro da quelle terre fredde e paurose non hanno fatto ritorno. Le frasi pronunciate fanno gelare il sangue ai presenti e l’intervento della musicista Veronica Lo Surdo che a piedi nudi e di bianco vestita canta in lingua ebraica e suona in modo struggente la viola, rende l’atmosfera veramente seria. Le parole della bambina arrivano dritte al cuore: “Dio … Dio …dov’era Dio? – Poi arrivarono i soldati in casa e ci portarono via tutti – Alla mamma faceva tanto male il numero nero scritto sul braccio, a me faceva tanta paura, era il simbolo della nostra diversità – Dai camion verdi entrati dal portone d’ingresso scesero degli angeli che ci portavano acqua e coperte e tagliarono i recinti – E fuori i fiori spuntavano fra le chiazze di neve – Questo accadeva il 27 gennaio 1945”. Quando la narrazione finisce e la musica si interrompe, a prendere la parola sono spontaneamente le persone del pubblico che si sentono in dovere di portare la loro diretta testimonianza. Le frasi sono rotte dalla commozione, ma la signora Rosanna Benetti è determinata a raccontare le sofferenze e le angosce patite in quei giorni di invasione quando lei era una bambina a Ferrara, in Romagna, dove era sopravvissuta a bombardamenti e a terribili attacchi con gas tossici, correndo un serio pericolo di essere fatta salire su quei treni che ti portavano a morire. Seduta a fianco a lei, anche Eliana Dapiran ricorda le stesse drammatiche emozioni che aveva provato da piccola, in quei giorni quando ancora abitava a Trieste. Gli altri presenti alla fine hanno poca voglia di parlare, perché di fronte a tali e tante atrocità c’è poco da dire, solo da ascoltare e far tesoro di questi insegnamenti e in questo senso è anche andato il discorso del Delegato alla Cultura Claudio Bethaz, presente in sala insieme all’Assessore Addis e al Consigliere Recco. Agli artisti del duo AINE va il merito di aver voluto proseguire questo progetto che già negli anni scorsi li aveva visti protagonisti con l’arpa ed il plauso per aver saputo far immergere il pubblico dentro allo spettacolo stesso, creando emozioni forti che resteranno impresse nella loro memoria.
Gen 28 2020
La Musica della Memoria alla Casa della Musica
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