COLLERETTO GIACOSA – Sono stati i tagli alla cultura a dominare la consegna del Premio Giacosa 2012 a Vittorio Nocenzi e Francesco di Giacomo del Banco del Mutuo Soccorso durante la cerimonia svoltasi nel pomeriggio di domenica al Parco Guido Rossa, organizzata da La Terza Isola e dal Comune di Colleretto Giacosa.
«Non è serio parlare di tagli – ha detto Giacomo Bottino in apertura – L’unica cosa importante sarebbe non farli i tagli.» Ma poi il discorso è continuato e Bottino ha bacchettato non poco la Regione Piemonte: «Abbiamo inoltrato una richiesta di contributo per la manifestazione di oggi e l’Assessorato alla Cultura ci ha risposto che ci faranno sapere qualcosa tra i mesi di ottobre e novembre. E così anche per le stagioni teatrali. Le risposte arrivano dopo che c’è stata già la programmazione. In questo modo si pigliano per il culo dei professionisti.»
E l’ultima considerazione è proprio su come viene affrontato l’argomento: «Un paese che taglia sulla cultura ha un problema di civiltà: l’unica cosa della quale si dovrebbe discutere è come fare per non far morire la cultura in Italia.»
Al termine degli interventi il Premio è stato consegnato dal Consigliere Regionale Gianna Penterero a Nocenzi e Di Giacomo, mentre i Consiglieri Roberto Tentoni e Antonello Angeleri hanno premiato Giancarlo Onorato per la sezione Nuvole, nata lo scorso anno con l’obiettivo di segnalare e valorizzare nuovi autori di parole per la musica.
Premio nazionale “Giuseppe Giacosa – Parole per la musica”: Vittorio Nocenzi e Francesco Di Giacomo del Banco del Mutuo Soccorso
Verso la fine degli Anni Sessanta nacque in Inghilterra un movimento il cui intento era quello di fondere gli stili più disparati (come la musica classica, il folk e il jazz) con la musica rock. Il nostro Paese fu tra i primi a coglierne i sapori dando vita a una vera e propria rivoluzione artistica: quel che i Beatles erano stati per la musica e il costume e Dylan per il linguaggio, il Rock Progressivo italiano lo avrebbe utilizzato al meglio per cancellare definitivamente l’ingombrante ruolo di paese facilmente colonizzabile. Il Progressive non fu una febbre per tutte le intelligenze, né per tutti i ceti sociali e neppure per una parità di sessi: la sua onda d’urto fu un gesto spontaneo, il frutto di germi positivi (culturali, sociali, politici) che arrivarono come refoli di un vento che difficilmente avrebbe spettinato frotte di ragazzine che, con gli occhi quotidianamente rivolti alla figurina di turno, rincorrevano nella musica soltanto i battiti del cuore.
Di quel “Rinascimento”, il Banco del Mutuo Soccorso è stato senza dubbio la luce più accecante: il gruppo più seguito e amato da legioni di appassionati che, nella loro musica, potevano riconoscere e rintracciare tutti i riferimenti del bel canto, della letteratura e della poesia. La voce di Francesco Di Giacomo, imperiosa ed epica, possedeva un carico di lirismo e di elettricità al di fuori del comune, tanto da risultare il collante perfetto con un inedito Melodramma. Ma a impressionare nella band era soprattutto una straordinaria predisposizione compositiva che si riallacciava ai canoni della musica colta. I brani, abilmente intarsiati dal talento descrittivo e compositivo di Vittorio Nocenzi, assumevano così lo status di vere e proprie suite capaci di passare dalle delicatezze del madrigale più puro al rock più energico e tagliente. Brani lunghissimi che, oltre a evidenziare la bravura e la tecnica dei musicisti, si differenziavano dagli altri gruppi per la corposità di testi finalmente capaci di galoppare liberi verso i valori più ancestrali e profondi.
Esattamente quarant’anni fa il combo romano mandava alle stampe Banco del Mutuo Soccorso (conosciuto anche come il “Salvadanaio”) e Darwin, due album che hanno marchiato a fuoco la musica, la cultura e la storia italiana. In questi quarant’anni il Banco non si è mai fermato: ha attraversato più volte i continenti per portare nel mondo un messaggio universale, quello della bellezza, della cultura e dell’intelligenza. I musicisti del Banco del Mutuo Soccorso non sono stati soltanto gli alfieri di una stagione aurea quanto i Cavalieri di un’Apocalisse finalmente vissuta.
Sezione Le Nuvole: Gian Carlo Onorato
Gian Carlo Onorato è considerato uno dei nomi più significativi della scena creativa italiana.
Ha al suo attivo quattro dischi come solista: Il velluto interiore (1996), Io sono l’angelo (1998), Falene (2004) e Sangue bianco (2010). Diviso e condiviso tra canzone, narrativa e pittura, è personaggio ricco di carisma, intensità, coerenza e riservatezza, da cui sono fortemente caratterizzate le sue opere.
Autodidatta, antiaccademico, compositore di canzoni e scrittore, produttore artistico e organizzatore culturale (è direttore artistico del Festival “Poiesis” di Monza e del Premio Musica d’Autore “Paolo Pavanello” di Trento) la critica unanime ha collocato i suoi Io sono l’angelo e Falene tra i migliori dischi italiani degli ultimi anni.
Con il romanzo Filosofia dell’Aria (1988) e i racconti L’Officina dei Gemiti (1993) e L’ubbidiente giovinezza (1999) si è segnalato come letterato fine e trasgressivo, seducente e poetico.
Nel 2007 ha pubblicato il romanzo Il più dolce delitto (Sironi Editore), presentato al pubblico con un video/reading/concerto, dove risuonano anche temi e fascinazioni del suo nuovo disco attualmente in lavorazione.
L’universo mistico e sensuale di Onorato si insinua nella scena artistica con il tocco leggero e segreto che canta in poesia la malinconia e la brutalità del nostro tempo.