A Barisciano insieme al Gruppo di Protezione Civile La Fenice di Favria
La Regione Piemonte lavora ormai da più di una settimana, nel comune terremotato di Barisciano, in provincia di L’Aquila, dove ha allestito più di un campo per fare fronte alle richieste della popolazione.
Venerdì pomeriggio da Favria, il Gruppo di Protezione Civile La Fenice ha portato un carico di aiuti.
Un viaggio che anche noi abbiamo voluto affrontare per documentare l’attività della Protezione Civile in terra abruzzese.
Appunti di viaggio
Un giorno alla partenza per Barisciano
È giovedì: con l’auto giro per le colline canavesane tra Vialfrè, Cuceglio e San Giorgio.
È ormai la mia terra da 16 anni: colline dolci e tranquille che mi sembra di conoscere da sempre.
Tranquille come è tranquillo il nostro Canavese in una giornata come questa: certo i problemi non mancano e sono quelli dell’emergenza lavoro: ma è una crisi internazionale e ciclica, ci vuole pazienza ma finirà.
Ma a 900 chilometri di distanza quell’emergenza quando finirà? Siano solo all’inizio; all’inizio di una ricostruzione che si presenta lunga e difficile.
Come la pazienza degli abruzzesi che hanno perso tutto, in 293 casi anche gli affetti.
Ne avranno bisogno di pazienza, nonostante gli aiuti che si sono mossi subito.
Le immagini delle tv in questi giorni hanno portato nel mondo scenari apocalittici. Quelli che vedremo con i nostri occhi.
Penso questo mentre viaggio nel “mio” tranquillo Canavese. Penso che quello che abbiamo visto in tv è solamente una parte della realtà: quella dei crolli e della devastazione. Ma penso che ce ne sia un’altra, quella più intima del dolore che è più percepibile negli occhi della gente che non nelle rovine di una casa.
Come sarà diversa quella gente abruzzese da quella che incontro per strada e per le campagne della tranquillità canavesana.
Penso al loro dramma che diventa anche un po’ nostro Gli aiuti che sono stati portati, quelli che partiranno, le donazioni dimostrano questo. L’attenzione di una terra tranquilla che si ricorda di avere passato le alluvioni. E restituisce quello che le è stato dato, che le è stato donato in passato.
Si chiama solidarietà.
Venerdì a Favria
La partenza da Favria è alle 18 del pomeriggio di venerdì 9 aprile, dalla piazza del Municipio.
Il mezzo della Coordinamento Provinciale della Protezione civile è carico: latte, caffe, uova di cioccolata per i bambini.
Materiale raccolto dal Gruppo della Protezione civile La Fenice di Favria
Arriveremo a Bariscano il giorno dopo, la mattina verso le otto.
Autostrada da Ivrea, bretella per Santhia, poi Piacenza, Bologna, l’autostrada Adriatica.
Un lungo viaggio in mezzo all’Italia. E nel viaggio il ricordo va ai tanto dolori e alle distruzioni che hanno accompagnato la nostra nazione.
Alessandria porta alla memoria l’alluvione del 1994 che colpì in maniera devastante i quartieri Orti e San Michele, ma in genere tutto il Piemonte. Bologna, la strage alla stazione del 1980. L’Umbria, il terremoto del 1997.
Storie diverse, tragedie, ricordi nei quali si mescolano il fragore degli scoppi, della terra che trema, dell’onda che distrugge.
Il viaggio nella nostra Italia è anche questo, un viaggio nei ricordi.
«Viaggerete nel dolore, sarete testimoni di quanto successo» ci aveva detto alla partenza don Gianni Sabia, Parroco di Favria consegnandoci una croce da portare ai terremotati del campo di Barisciano. E il ricordo del passato di accompagna in questo viaggio.
Il carico della Fenice
Sul camion della Protezione Civile sono stati caricati 3120 litri di latte della Centrale del Latte, 480 peluches con uova di cioccolata della N Plush & Comnpany, 198 uova di Italia Bianconera e 4200 confezioni di caffè da 250 grammi.
Materiale raccolto grazie all’impegno della Fenice e del suo Presidente Leonardo Capuano e portato a Favria con un mezzo messo a disposizione dalla Boggio Trasporti di Caluso.
E sul camion viaggiano i Volontari della Fenice: oltre a Capuano il Vice Giuseppe Accomo, Graziano Bufalo, Antonio Procopio, Cataldo De Nardo, Andrea Cerutti; e c’è Corrado Grindatto che si fermerà una settimana in Abruzzo, come volontario.
Gli incontri sulla autostrada
viaggio “21.37 nuova forte scossa di terremoto a L’Aquila.”
È in un autogrill dell’Umbria che su uno schermo sintonizzato su Sky Tg 24 leggiamo la notizia delle nuove scosse. La marcia di avvicinamento continua ed il pensiero e a L’aquila. Nello stesso autogrill un signore di Milano ci chiede dove siamo diretti. Ha un pick up carico di lamette e schiuma da barba da portare ai terremotati: «Lo so, hanno detto di non prendere iniziative personali. Mica mi manderanno indietro?»
È un’altra faccia della solidarietà.
A Pesaro, sono le cinque del mattino, incontriamo una coppia che vive a L’Aquila. «No, noi non abbiamo avuto danni alla casa, ma paura tanta. Il viso e gli occhi di lei ci introducono alla paura ed allo stato d’animo degli abruzzesi.
A Pescara lasciamo l’Adriatica in direzione Roma. Comincia ad albeggiare. Siamo fuori dall’autostrada, attraverso Casoira e Bissi, in un paesaggio di colline aspre e dolci allo stesso tempo. Ci avviciniamo e capiamo dalle prime case lesionate che stiamo arrivando a Barisciano, a 30 chilometri da l’Aquila, la dove la terra trema.
La dignità del popolo abruzzese
È quella che ci avevano descritto: viva, aspra e dolce come le colline e le montagne
Arrivati al campo di Barisciano tutti raccontano della dignità degli abitanti. Di una certa reticenza a chiedere aiuto, tanto che, montato il campo, alcuni hanno ancora dormito una notte in auto. A Barisciano non esiste un’unica tendopoli, ma l’esperimento di istituire tanti punti in cui ospitare gli abitanti sfollati è dettato da una doppia esigenza: da un lato continuare a fare comunità, montando tende vicino alle case, che possano in qualche modo ricostruire la vita dei rioni. E poi logisticamente Barisciano non dispone di aree pianeggianti ampie. E così i campi decentrati sono stati una soluzione. Ma alcuni servizi, come la mensa ed il punto medico, sono unici e forniti dal campo base.
Ma sono in molti a volere cucinare da soli e a non utilizzare la mensa.
Il dialogo dei giornalisti con i terremotati, dopo una iniziale diffidenza, cresce ed è spontaneo.
Scattata una foto davanti alla Caserma dei Carabinieri lesionata, vengo avvicinato da due uomini che mi chiedono chi sono, se sono un giornalista e di fare vedere il tesserino.
Li accontento e la loro diffidenza, ed una certa ruvidità comprensibile, si trasforma subito: «Ci hanno detto di fare attenzione a chiunque si aggira per il paese, con una faccia sconosciuta. Abbiamo paura degli sciacalli Ci mancano ancora loro. Ma venga a vedere le nostre case come sono ridotte.» Si passa dal lei al tu con estrema disinvoltura e si racconta, si ricorda, ci si interroga sul futuro.
Noi non abbiamo risposte da dare, non le ha nessuno. Possiamo solo stare ad ascoltare lo sfogo. Non è rabbia, perché l’impressione è che non ci sia nemmeno più spazio per la rabbia. C’è uno stato di stanchezza e prostrazione che una stretta di mano e qualche minuto passato ad ascoltare non può risolvere.
Ma gli incontri si concludono tutti con un grazie da parte loro. Ci sentiamo imbarazzati
Imbarazzati davanti ad una donna di Paganica, a suo figlio ed al nipote. La casa che abitavano la donna ed il marito di 93 anni è lesionata in maniera insanabile. Ne parla lei con le lacrime agli occhi; fa fatica a parlarne suo figlio, un omone con un evidente accento abruzzese, che non diremmo facile alla commozione. Eppure entrambi si confidano e raccontano di come quella casa, con ogni probabilità, non potrà più essere abitata. Di fronte ad una donna di 85 anni che piange ora siamo noi a fare fatica a trattenere le lacrime.
Non abbiamo parole, non le abbiamo che sappiano consolare. Stringiamo una mano, ci pentiamo di non avere offerto un abbraccio e ci sentiamo dire ancora una volta grazie.
Grazie a voi popolo abruzzese. La dignità è quella che ci avevano descritto. È viva, aspra e dolce come le vostre colline e le vostre montagne.
“Ci siamo salvati la vita”
Sorprende a Barisciano, nel rione Tricalle, una casa in mezzo alle altre crollate o parzialmente crollate.
Non ha subito danni e mentre osserviamo arriva il proprietario. «L’abbiamo costruita nel 2004. Qui c’era una vecchia segheria che risaliva al 1894. Abbiamo buttato giù la struttura per costruire la casa.»
Un esempio di abitazione antisismica: «Le fondamenta – ci spiega il proprietario – poggiano su cilindri che danno alla casa la possibilità di assorbire le scosse. Così anche il tetto.» Ci racconta che facendo lo scavo per la costruzione sono state trovate delle “grotte” presenti in Abruzzo e visibili anche percorrendo le strade di montagna. «Al posto di utilizzarle per ricavare una cantina, come in molti fanno, le abbiamo riempite rendendo il progetto più sicuro.»
E ci racconta di quella notte, tra domenica e lunedì. «Siamo andati al cinema, io e la mia compagna; poi all’uscita abbiamo dovuto scegliere se andare a dormire a Barisciano e nella sua casa in un paese vicino. Abbiamo scelto Barisciano e ci siamo salvati la vita: l’altra casa è andata completamente distrutta.»