Occorre affidarci alle previsioni. Schiavi di quelle del tempo che oggi, martedì 21 aprile, a Vialfre’ parlano di cielo coperto con deboli piogge, siamo altresì pronti a credere a quanto l’ Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane ha sottolineato a proposito del cosiddetto “ contagio 0”? Obiettivo della mappa delineare regione per regione la data minima di assenza di nuovi casi secondo cui le prime a liberarsi del Covid 19 potrebbero essere Basilicata e Umbria proprio nella giornata di oggi, mentre per il Piemonte occorrerà aspettare un mese: il 21 maggio. Tutto questo è un’azzardo? Potrà tale mappa creare ulteriori confusioni e false speranze? Perché senza entrare nel merito di analisi tecnico-scientifiche di cui non si è a conoscenza, parlare di contagio “zero” non può che nell’immaginario collettivo significare una sorta di libertà e vanificare i tanti sforzi fatti fino ad ora. Perché allora continuare ad indossare guanti e mascherine se entro maggio, al più tardi giugno in Italia sembrerebbero non esserci più casi? Eppure saranno obbligatorie, entreranno a fare parte della nostra vita così come all’interno della nostra vita hanno saputo insinuarsi acquistando popolarità nella quotidianità; e tutti ne parlano. Lo fanno i media, i social, i tutorial che nelle visualizzazioni crescono di gradimento andando in qualche modo a sostituirsi alle mancanze di un paese allo sbando, perché le mascherine antivirus non si trovano o se si trovano rischiano di non essere a norma. E’ capitato alla Miroglio attendere una certificazione mai arrivata, ma i casi che destano perplessità sono tanti e proprio ora che buona parte della popolazione si è convinta ad indossarle spesso occorre ancora far riferimento al “fai da te” che rischia di essere il più gettonato. Di strada in soli due mesi ne hanno fatta queste tanto discusse mascherine, a partire da quando chi le indossava rappresentava un caso raro perché nessuno le vestiva. Eppure già allora, agli albori del contagio, le attività commerciali ne erano sfornite così come è capitato per l’alcool o il gel disinfettante. Ma se nessuno le indossava dove erano finite le scorte? E’ possibile che le persone le abbiano nascoste nei cassetti, come gioielli in cassaforte, prevedendo un’emergenza maggiore, uno tsunami non ancora arrivato nonostante un’ Italia in sofferenza. Sono altresì convinta che quel pezzo sottile di velo che protegge le vie respiratorie per tanti abbia rappresentato, almeno all’inizio, una difficoltà ad indossarlo. La gente non osava nonostante l’emoticon dello smile con la mascherina fosse tra le più gettonate. È legata ad una criticità, ad un avvenimento avverso, ad un qualche cosa di inquietante; la usano in ospedale, in pronto soccorso, in ambulanza, la usano nelle calamità, nelle epidemie, la usano nelle pandemie. Insomma chi porta la mascherina viene additato come infetto se si tratta di un normale cittadino, tutto cambia se ad indossarla è il medico o l’ infermiere perché in questo caso a subentrare è il fascino della divisa o del camice bianco. Un fascino che resta tale nonostante le difficoltà di oggi, restando l’unico ausilio di protezione per chi in ospedale presta soccorso. E le mascherine? Mentre si discute di futili banalità i medici non le hanno ancora viste perché è più semplice cambiare discorso sullo stesso argomento. Dimmi che mascherina indossi e ti dirò chi sei! Nasce così quella altruista, quella egoista, quella egoista che se avvallata da una visiera diventa inevitabilmente altruista e intanto i media tornano a far parlare le immagini con sacchi della spazzatura ai piedi o a proteggere il corpo ma ancora una volta c’è chi nell’ indifferenza totale ha continuato nel rischio, a lavorare. Occorre cambiare rotta. Occorre saper guardare oltre e ragionare con la propria testa. Occorre serietà, professionalità e coerenza verso se stessi e verso gli altri. Occorre al di là delle previsioni chiedersi che cosa sia giusto fare. Perché oggi meno, domani un po’ di più, ci si incontrerà, si parlerà e ci si proteggerà. Come? Dalla carta da forno ai teli a velo fino alla stoffa perché vien da pensare che un pezzo di cotone sia meglio che niente, rispettate le distanze di sicurezza. Prepararsi alla fase 2 significa anche questo, farsi trovare pronti senza attendere proclami e perdite di tempo perché di tempo non c’è ne è più. Basta”! Basta dichiarazioni inconcludenti dove anche i video hanno fatto il proprio tempo come il test dell’ accendino atto a verificare la validità in termini di protezione dal rischio Coronavirus. “Dimmi che mascherina sei dalla fiamme che spegni”. Scadente se soffiando all’ interno di essa il fuoco si spegne, ok se continua ad oscillare. Ma che valore scientifico ha un tale esperimento? Spesso in questi video ne è stata verificata l’inconsistenza perché l’unico metodo per stabilirne l’efficacia resta quello di fare attenzione alle certificazioni contenute nella confezioni. Torniamo così ad essere in balia delle fake news e delle tante parole non dette, quelle di chi a giorni alterni ci fa credere cose diverse. Una cosa è certa. Quando tutto sarà terminato, ma anche molto prima, la moda farà il suo tempo: saranno coloratissime, a fiori, righe o pois, mimetiche oppure del colore della squadra del cuore. Verranno abbinate alle sciarpe o ai cappotti. Le vedremo con occhi diversi e torneremo a fare previsioni, queste del tutto prevedibili: saranno un bene prezioso e non solo perché proteggono, ma perché otterranno la loro quota di mercato e su di loro gli stilisti investiranno il proprio estro.
Apr 21 2020
Prepararsi alla Fase 2: farsi trovare pronti senza proclami e perdite di tempo perché di tempo non c’è n’è più
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