TORINO – Sergio Marchionne ebbe un ruolo decisivo nel rilancio della Fiat e del sistema manifatturiero torinese fin dal suo arrivo al Lingotto nell’estate del 2004. Mise a servizio le sue straordinarie capacità di visione per ricostituire le basi di un’industria automobilistica che vedeva a rischio la sua continuità. Lo fece ridando fiducia al sistema aziendale e agli operatori del settore, attraverso una minuziosa revisione organizzativa. Mentre procedeva a una completa riorganizzazione della governance del Gruppo Fiat, Marchionne, grazie alla sua ineguagliabile abilità di negoziatore, sciolse l’alleanza con la General Motors, ricavandone risorse altrimenti indisponibili. Nel luglio 2007, la salvezza di Fiat era ormai assicurata con la presentazione della nuova Cinquecento, una linea di prodotto che venne celebrata con una grande festa sul Po, simbolo della rinascita industriale di Torino.
Sergio Marchionne aveva una capacità unica nel cogliere l’evoluzione dei tempi e i sintomi di mutamenti destinati a rivelarsi solo qualche tempo dopo. Così, già alla fine del 2008, comprese che la crisi globale imponeva una radicale trasformazione del modo di fare impresa.
La scelta strategica di perseguire l’alleanza e poi la fusione con l’americana Chrysler, una casa su cui nessun produttore d’auto era allora pronto a scommettere, aprì la via a una nuova stagione di apertura ai mercati internazionali.
L’azione di Marchionne allora suscitò resistenze e attriti, perché molti non compresero che l’Italia economica aveva bisogno di una scossa e di un rinnovato slancio. In particolare, Torino fu teatro della lacerazione che avvenne tra Fiat e una parte del movimento sindacale, quella più attaccata a una tradizione conflittuale e antagonistica.
Col contratto specifico Fiat, che sostituiva quello nazionale di categoria dei metalmeccanici, Marchionne introdusse un’innovazione dirompente nell’anchilosato sistema delle relazioni industriali italiane. Il criterio della trasparenza fu introdotto nei parametri di efficienza in vigore negli impianti produttivi, a Torino e a Detroit come in Brasile e in Polonia. La globalizzazione faceva così irruzione nelle relazioni sindacali.
Dapprima si trattò di uno sconquasso che disorientò le organizzazioni di rappresentanza, i sindacati dei lavoratori come la stessa Confindustria. In seguito, si rivelò una scelta lungimirante, in grado di sollecitare quella modernizzazione del mondo produttivo italiano, che esso deve ancora portare a termine.
Lungo tutto questo percorso durato quattordici anni, intensi e indimenticabili, la nostra Unione Industriale è stata sempre al fianco di Sergio Marchionne, con convinzione e determinazione. Non a caso, egli volle ricambiare la nostra lealtà continuando ad accordarci la sua fiducia, riconoscendoci un rapporto di rappresentanza sul terreno sindacale, anche quando il legame tra FCA e Confindustria si era ormai interrotto.
Lasciandoci, Sergio Marchionne ci consegna una grande lezione che Torino e le sue forze economiche e imprenditoriali vogliono preservare. Per quanto sarà nelle nostre forze, intendiamo farla nostra e svilupparla, confidando che la produzione automobilistica continui a costituire un asse portante della crescita della nostra città e della nostra industria.
Lug 25 2018
L’Unione Industriale di Torino su Marchionne: “Mise a servizio le sue straordinarie capacità di visione”
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