Il Prefetto di Torino in visita alla casa per i profughi a Chivasso

Il Prefetto di Torino in visita alla casa per i profughi a ChivassoCHIVASSO – Con la visita del Prefetto di Torino, dottor Renato Saccone, la Città di Chivasso ufficializza un importante progetto che coniuga due dei principali concetti che in questi anni hanno guidato l’azione amministrativa del sindaco Libero Ciuffreda e della sua Giunta: Legalità e Accoglienza.
Accompagnato dal sindaco Ciuffreda, nella tarda mattinata di lunedì 3 ottobre, il dottor Saccone ha visitato la casa di corso Galileo Ferraris 122, un bene confiscato alla criminalità organizzata, che dal 19 settembre scorso ospita dodici ragazzi richiedenti asilo politico. Si tratta probabilmente del primo caso, se non uno dei pochi, in cui un bene sequestrato, si “riscatta” accogliendo persone che fuggono dai loro Paesi d’origine, martoriati da guerre e da situazioni politiche difficili.
“Chivasso è un esempio di come si possa restituire alla collettività, un bene che è stato frutto di attività criminali – ha detto il dottor Saccone -. Il nuovo nobile scopo, che l’Amministrazione comunale ha voluto con forza dare a questa casa, e per questo ringrazio il Sindaco e tutti i suoi Assessori, è quello di accogliere questi giovani tribolati, offrendo loro un luogo sereno dove iniziare un nuovo percorso di formazione e di accoglienza. Si tratta di una goccia – ricordiamo che i rifugiati accolti nella provincia di Torino sono 4.400 -, ma il mare dell’accoglienza è proprio formato da tante piccole gocce”.
I dodici ragazzi, di età compresa fra i 18 ed i 25 anni, provengono da Sudan, Ciad, Mali, Gana, Gambia, Senegal, e sono arrivati a Lampedusa con gli sbarchi avvenuti fra il 30 agosto ed il 10 settembre; dopo essere stati smistati in alcune città della Sicilia, sono arrivati presso il centro di accoglienza “Fenoglio” di Settimo Torinese e, infine, il 19 settembre a Chivasso.
Il Prefetto di Torino in visita alla casa per i profughi a Chivasso 1A seguirli passo, passo, gli operatori della cooperativa “Mary Poppins” di Ivrea, coordinati da Felicia Pane, e assistiti da un traduttore in lingua araba. In questi primi giorni in città, l’attività principale in cui i ragazzi vengono coinvolti è quella dell’insegnamento della lingua italiana – in prevalenza parlano arabo, francese ed alcuni dialetti africani – e prossimamente parteciperanno a laboratori teatrali e musicali, nonché ad eventi che li porteranno maggiormente a contatto con la vita della città.
Fra questi, è prevista la partecipazione ad incontri promossi da Libera, rappresentata lunedì mattina dal referente cittadino Matteo Cerutti Sola, che racconteranno la storia di queste case confiscate. Progetto nel progetto, come hanno spiegato il sindaco Libero Ciuffreda e l’Assessore alle Politiche sociali, Annalisa De Col, sarà quello di recuperare una porzione di terreno adiacente la casa, coltivandolo e restituendolo in qualche modo al quartiere.
I ragazzi sono in attesa della formalizzazione della loro richiesta di asilo politico e saranno presto sentiti dalle autorità competenti che avranno il compito di raccogliere le loro storie. Ma, come ha più volte invitato il Prefetto, per chiedere loro di rivivere i momenti più difficili della loro giovane vita ci sarà tempo nei prossimi giorni, mentre adesso è il momento dell’accoglienza, della volontà di offrire loro un po’ di serenità.
Un invito al quale si è associato il sindaco Libero Ciuffreda, che anche nei giorni scorsi, in varie occasioni pubbliche, non ha tralasciato di raccontare ai cittadini questa nuova pagina che la città sta scrivendo, “perché – ha detto il Sindaco – è giusto che tutta la città sia consapevole ed informata dei progetti che ci hanno portati ad accogliere donne e uomini in fuga dai loro paesi. Questa casa requisita dalla Magistratura, e rimasta nel limbo per molti anni, l’abbiamo ripresa, ristrutturata ed insieme al Prefetto abbiamo individuato questo nuovo progetto di accoglienza. Questi ragazzi che ospitiamo, hanno iniziato un percorso di recupero della dignità di essere uomini su questa terra. Ma per fare questo non basta una casa. Questi ragazzi devono essere accolti e chiedo a tutti i chivassesi un favore: che sia la città, attraverso le mille cose belle che sa fare, a farli sentire di nuovo a casa”.

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