TORINO – Si è svolta nei giorni scorsi la Settimana Sociale dei Cattolici italiani, con la presenza da ogni regione d’Italia di vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose e laici impegnati nei diversi ambiti della vita della Chiesa e della società.
Il tema della Settimana è stato “La famiglia, speranza e futuro per la società italiana”. «Un titolo provocatorio – ha detto mons. Nosiglia, Arcivescovo di Torino – se pensiamo alle gravi difficoltà e fragilità che oggi tante famiglie devono affrontare anche qui nella nostra terra, segnata da una crisi economica e sociale lunga e difficile di cui constatiamo gli effetti economici e sociali ma che però sentiamo avere le sue radici in campo etico e spirituale. Non siamo di fronte ad una crisi passeggera ma ad
un vero e proprio cambiamento epocale di cui ancora dobbiamo prendere coscienza in tutte le sue sfaccettature, e che già ci ha portato a cambiare il nostro stile di vita.»
Le conclusioni dei lavori son o state affidate all’Arcivescovo di Cagliari Mons. Arrigo Miglio, già Vescovo di Ivrea e Presidente del Comitato Scientifico e Organizzatore delle Settimane Sociali.
Di seguito la sua relazione.
1 – Partiamo da questa XLVII Settimana Sociale dei Cattolici Italiani con una missione, e non potrebbe essere altrimenti se abbiamo preso sul serio il tema scelto: Famiglia, speranza e futuro per la società italiana. Ci siamo impegnati a guardare in avanti, verso il futuro e dunque non possiamo restare fermi. Questo è il momento di “prendere la partenza”, per dirla con il linguaggio scout,e questo è possibile solo se abbiamo il cuore pieno di speranza: allora la partenza è veramente missione.
2 – Il Messaggio di Papa Francesco ci ha ricordato che questa missione ci è affidata in primo luogo dalla lunga tradizione delle settimane sociali, cioè dalle generazioni di cattolici che da oltre un secolo si sono impegnate seriamente a servizio del bene comune del paese: tra di loro alcuni emergono per generosità e per vera e propria santità, a cominciare dal beato Toniolo, e sono stati loro ad incoraggiare e sostenere tutti gli altri che hanno lavorato e servito umilmente nell’impegno quotidiano. Non sono mancati i martiri, che hanno pagato con la vita il loro impegno di servizio al paese. Questa lunga teoria di donne e di uomini è stata preceduta e in parte accompagnata dalla schiera luminosa dei “santi sociali” torinesi, che in questi giorni abbiamo imparato a conoscere più da vicino e nell’accoglienza premurosa riservataci dalla chiesa torinese abbiamo sentito il profumo della loro vita, il profumo di Cristo, che continua a propagarsi attraverso la testimonianza di questa chiesa particolare, particolarmente impegnata da 50 anni a vivere e tradurre in vita quotidiana il Concilio.
Papa Francesco ci ha anche detto che il futuro della nostra società è radicato negli anziani e nei giovani: da tutti loro ci viene la missione che oggi vogliamo assumere o riassumere: dalla memoria viva dei nostri anziani e dalla forza dei giovani (“Scrivo a voi giovani perché siete forti e avete vinto il maligno…” 1Gv 2,13); possiamo dire che riceviamo la missione dal vissuto delle tantissime famiglie che ci aiutano a capire che la famiglia- per dirla con Papa Francesco – “è ben più che un tema, è vita, tessuto quotidiano, è cammino di generazioni che si trasmettono la fede insieme con l’amore e con i valori fondamentali, è solidarietà concreta, fatica pazienza, e anche progetto, speranza, futuro”.
3 – Per vivere la missione che in questo momento ci viene affidata abbiamo bisogno di unità: per noi stessi, per i nostri pensieri, per le tante cose ascoltate e viste in questi giorni, unità di senso a tutti i momenti di questa settimana sociale, per non essere noi le prime vittime della frammentazione. Unità anche nel cammino ecclesiale, verso il V Convegno ecclesiale nazionale (Firenze, 2015), verso il XXVI Congresso eucaristico nazionale (Genova, 2016) e verso la XLVIII Settimana sociale dei cattolici italiani (2017).
4 – Proprio nella discussione con i farisei e con i discepoli a proposito del matrimonio Gesù invitava a ritornare “all’inizio”, a ripartire da quell’inizio quando il Creatore imprimeva nella coppia uomo donna l’immagine e somiglianza di Sé, quindi del suo amore.
Per parlare di famiglia occorre sempre ritornare all’Amore che tutti e tutto trascende, di cui la famiglia è stata posta come icona e sacramento. Prima della famiglia c’è l’Amore, che rimane mistero, che non finiremo mai di scoprire e di conoscere. “In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare per primi ma è stato lui ad amare noi per primo donandoci il suo Figlio”. Trovare unità nel capire da dove nasce e cos’è la famiglia significa trovare unità nell’Amore Agape che è Dio stesso (cfr. le encicliche di Benedetto XVI): un Amore che ci precede, ci è donato, non è manipolabile da nessuno, e per noi cristiani ha il volto e il cuore di Gesù.
5 – E l’annuncio e la testimonianza dell’Amore riguarda tutti, sposati e non sposati, situazioni serene e situazioni problematiche e difficili, diciamo pure che l’Amore che ci viene donato vuole raggiungere in primo luogo proprio le situazioni più complicate, coloro che si sentono lontani dall’amore di Dio e dal nostro, le periferie della città e della vita, alla luce della parabola letta nel vangelo di oggi e dell’insistente invito di Papa Francesco. Per parlare di famiglia occorre anzitutto parlare di amore e la particolare missione della famiglia di trasmettere amore e vita interessa dunque tutti, singole persone e società tutta.
6 – La società ha bisogno di amore, ne ha bisogno anche per uscire dalle sue crisi. Lo scenario che in questi giorni ci è stato presentato e proiettato è lo scenario di un mondo dove la luce dell’amore si sta affievolendo sempre più. La speranza guarda verso l’alba e l’aurora, gli scenari che anche in questi giorni abbiamo esaminato parlano invece di tramonto.
7 – C’è bisogno di concretezza. L’amore in cui abbiamo creduto ha il volto concreto di Gesù di Nazareth e continua ad avere il volto concreto della donna e dell’uomo che accettano la missione di essere sacramento di quell’amore. È un amore che non finisce mai di stupirci, di sorprenderci, per questo gli sposi restano talora smarriti, se non si alimenta continuamente il rapporto con l’Amore che è Dio stesso. Amore concreto, ben oltre emozioni e sentimenti di qualche istante, oltre i nostri piccoli o grandi affetti. In questa prospettiva allora possiamo dire che la famiglia così come noi la conosciamo dal progetto di Dio può e deve diventare uno dei criteri fondamentali di discernimento nel compito quotidiano cui nessuno di noi può sottrarsi, quello di leggere la storia alla luce della Parola di Dio e di collaborare con l’azione dello Spirito per l’avvento del Regno. Fare discernimento in ciascuno degli ambiti che sono stati esaminati e in tutti gli altri che si presentano significa concretamente vedere i problemi e le possibili soluzioni alla luce del progetto famiglia.
8 – La nostra missione deve anch’essa farsi progetto, per la continuità e per l’efficacia di cui abbiamo bisogno. Ci aiutano in modo particolare le regioni e le diocesi che dopo Reggio Calabria hanno lavorato sull’Agenda, su qualcuno dei suoi punti, con il metodo allora proposto e oggi riproposto mi pare con generale soddisfazione. Abbiamo conosciuto delle vere e proprie settimane sociali regionali e diocesane, sia in realtà più vaste sia in altre più piccole e spesso più vivaci. Anche in questa occasione ci hanno dato grande aiuto le diverse associazioni e movimenti ecclesiali, specialmente quelle che hanno avuto la possibilità di spostarsi nelle diverse regioni italiane. Parlare di regioni vuol dire anche imparare a porre più attenzione agli spazi che oggi sono affidati alle istituzioni regionali, alle loro legislazioni e all’attuazione delle leggi, mantenendo vivo sempre un confronto e uno scambio di informazioni per ciò che avviene nelle diverse regioni italiane senza dimenticare l’Europa. Può essere molto utile conoscere e seguire le informazioni che via via vengono trasmesse alle diocesi dall’Osservatorio giuridico legislativo operante presso la Cei.
9 – Una parola di gratitudine per i media, quelli tradizionali e quelli più recenti; molto diversi tra loro; ci aiutano a coinvolgere molta più gente; ci sfidano sul linguaggio, per essere chiari e comprensibili dall’uomo di oggi.