D.: In passato siamo stati abituati a ragionare in termini di singole malattie renali, parlando ad esempio di glomerulonefriti, di nefropatia diabetica o arteriosclerotica, o di nefriti interstiziali batteriche o da farmaci. Oggi si parla soprattutto di danno renale. Che cosa è cambiato?
R.: In questi ultimi anni l’approccio diagnostico è molto diverso e più semplice. Attualmente, si cerca prima di tutto di stabilire se i reni hanno subito o meno un danno. Una volta stabilito che esiste un danno, si indagherà per scoprirne la causa.
La definizione di danno renale cronico si basa sulla presenza di anormalità strutturali o funzionali dei reni, persistenti per almeno 3 mesi, e indicate da:
– Anormalità urinarie (proteinuria o albuminuria elevata e/o sedimento urinario patologici) anche in presenza di una funzione normale. Una condizione particolare è quella della cosiddetta microalbuminuria, la cui presenza indica spesso, anziché un danno renale già instaurato, il rischio di una sua comprsa o un rischio cardiovascolare.
– Valori di filtrazione glomerulare renale inferiori a 60 mL/min, con o senza altri segni di danno
– Altri segni come: anormalità di forma e dimensioni dei reni, svelate ad esempio da un’ecografia;
anormalità isolate, non attribuibili a farmaci, dei livelli sierici di elettroliti (specialmente del potassio), di acidi e bicarbonati,.
D.: Come fare, in pratica, per rispondere alla domanda: stanno bene i tuoi reni?
R.: Per la maggioranza delle persone adulte, la risposta si basa sui risultati di due esami, semplici da eseguire e a basso costo: l’esame delle urine e il dosaggio della creatininemia.
Con l’esame delle urine vediamo innanzitutto se esse contengono sangue, un numero elevato di globuli bianchi, proteine. L’analisi è eseguita, manualmente o con attrezzature automatiche, con strisce reattive – veri microlaboratori molto attendibili – che svelano la presenza di livelli patologici di albumina, di emoglobina (derivata da globuli rossi presenti nelle urine), di nitriti (prodotti da batteri), di esterasi leucocitarie (liberate dai globuli bianchi), di glucosio, e valutano il pH e la densità, che indica se le urine sono concentrate o diluite.
L’esame del sedimento urinario, sempre più eseguito in prima istanza con strumenti automatici, svela la presenza di un numero anormale di globuli rossi, di globuli bianchi (che possono indicare l’esistenza di un’infezione urinaria) e di altri eventuali elementi patologici.
La creatinina è una sostanza prodotta dai muscoli ed eliminata dai reni: il suo livello nel sangue aumenta quando la funzione renale diminuisce. I valori normali sono compresi tra 0,6 e 1,2 milligrammi/decilitro (mg/dl).
D.: L’esame delle urine è di importanza cruciale. A quali dati dobbiamo prestare soprattutto attenzione?
R.: Come abbiamo ricordato, al valore dell’albuminuria, alla presenza di emoglobina (liberata dai globuli rossi presenti nelle urine) e, nel sedimento, di globuli rossi e di globuli bianchi. L’esame dovrebbe essere fatto con scadenza annuale in tutti i soggetti a rischio, biennale negli altri.
Le urine dei soggetti sani contengono piccole quantità di albumina e di altre proteine. Complessivamente tutte queste sostanze proteiche sono indicate come proteinuria. Le strisce reattive indicano se è superato, o meno, il valore massimo normale di 10 mg/dL di albumina. Naturalmente, se le urine sono molto abbondanti e diluite, un modesto aumento di questo valore potrà sfuggire. Ma non sono rari anche falsi positivi, il più spesso dovuti a un’elevata concentrazione delle urine.
In caso di positività, il dosaggio in laboratorio della proteinuria dovrà quindi confermare se l’eliminazione di proteine urinarie, che i reni ammalati lasciano sfuggire, è elevata in modo significativo.
Il metodo tradizionale prevede che questo dosaggio sia eseguito su urine raccolte per 24 ore, e in tal caso il valore massimo dell’eliminazione normale è di 150 – 200 mg. al giorno. In alternativa, si può ricorrere allo studio del rapporto proteinuria/creatininuria su un campione a caso, meglio del mattino: in tal caso il limite massimo è di 150 – 300 mg di proteine per grammo di creatinina, a seconda dei metodi di laboratorio utilizzati.
Le urine del soggetto normale possono contenere rari globuli rossi. Un aumento patologico del loro numero è svelato dalla positività della ricerca dell’emoglobina. Analoga è la situazione dei globuli bianchi, la cui presenza in quantità anormale è indicata dalla positività di un loro enzima, l’esterasi leucocitaria.
Perdite vaginali possono inoltre causare un aumento di questi enzimi.
Un esame del sedimento urinario è necessario per confermare la presenza di globuli rossi, di globuli bianchi o di altri elementi anormali. Per esigenze organizzative, molti laboratori eseguono questa lettura con strumenti automatici, che non sono per ora in grado di sostituire del tutto la lettura diretta al microscopico. In caso di reperti patologici è opportuno affidare la lettura del sedimento urinario a una persona esperta (esame di secondo livello).
D.: Da qualche tempo si sente parlare della cosiddetta microalbuminuria. Di che cosa si tratta?
R.: L’albumina è la più importante delle frazioni proteiche del sangue e delle urine, anche quando i reni lascino passare proteine in quantità anormali.
In alcune circostanze, la quantità di albumina che si può ritrovare nelle urine, pur essendo elevata rispetto alla norma (valore massimo nelle 24 ore: 30 mg), può essere ancora inferiore a quella svelata dalle strisce reattive.
Questo capita per eliminazioni comprese tra 30 e 300 mg 24 ore, che sono definite appunto come
microalbuminuria, e debbono essere dosate con metodi speciali. La presenza di microalbuminuria può precedere quella di altre proteine di maggior peso molecolare del sangue, e può essere un segno iniziale di danno renale nel diabete e nelle persone che abbiano una sofferenza vascolare importante. Per questo motivo la ricerchiamo sistematicamente in chi è affetto da queste malattie e nell’ipertensione arteriosa non ben controllata. Ma non è affatto raro che si tratti solo di un segno molto precoce di rischio di comparsa di danno che scompare a seguito di un trattamento appropriato, ad esempio di un’ipertensione arteriosa o di un diabete non ben controllato.
Anche per l’albuminuria si può ricorrere, anziché allo studio su urine di 24 ore, alla determinazione del rapporto albumina / creatinina urinarie su un campione di urine a caso, meglio se del mattino.
D.: Un esame delle urine normale ci assicura allora che i nostri reni sono OK?
R.: Questo purtroppo è vero solo per una parte delle nefropatie.
In quasi tutti i tipi di malattia renale in fase avanzata vi sono infatti proteine e almeno delle tracce di sangue nelle urine, e alcune malattie renali esordiscono proprio con proteinuria, talora importante, spesso associata a sangue nelle urine (un’ematuria o una proteinuria isolata sono meno comuni).
Hanno un comportamento di questo tipo le glomerulonefriti primitive e secondarie e alcune nefropatie secondarie ad altre malattie, come ad esempio il diabete (nella nefropatia diabetica predomina la proteinuria).
Anche da ricordare è che la presenza di sangue nelle urine può essere dovuta anzichè a una nefropatia, a una calcolosi urinaria, a una neoplasia o a un’infiammazione delle vie urinarie.
In parte dei pazienti affetti da altre malattie renali molto comuni non si trovano invece né proteinuria patologica né sangue nelle urine per parecchio tempo dopo il loro esordio. Ciò avviene frequentemente nel danno renale secondario all’ipertensione arteriosa, in alcune nefriti interstiziali, ad esempio da farmaci, e nelle malattie cistiche renali.
Quanto spesso questo fenomeno si verifichi nella pratica lo rivela lo studio della distribuzione delle principali malattie renali responsabili di insufficienza renale cronica terminale che richiede la dialisi: oltre il 40% di esse possono appunto decorrere, almeno inizialmente, con un esame delle urine normale.
D.: La presenza di una proteinuria di entità anormale o di ematuria sono idonee a svelare solo una parte della patologia renale e non consentono uno screening adeguato all’epidemiologia delle malattie renali. Cosa si deve fare?
R.: Per rispondere in modo corretto alla domanda “i tuoi reni sono OK?”, quando si sospetti la presenza di una nefropatia che può decorrere anche con un esame delle urine normale, bisogna far riferimento anche alla funzione renale.
Tra le numerose funzioni dei reni, nella definizione di normalità o anormalità, facciamo d’abitudine
riferimento al volume di liquidi filtrati ogni minuto, il cosiddetto filtrato glomerulare renale, che è in genere compreso tra 90 e 130 mL nell’adulto sano, a dieta libera.
Una valutazione indiretta può essere ottenuta con la determinazione nel sangue della creatinina, il cui valore, come già ricordato, aumenta in caso di danno renale. La sola valutazione della creatininemia (valori normali 0,7 – 1,2 mg/dL) è però un indice troppo approssimato per essere affidabile.
Per questo, nella pratica clinica, si ricorre spesso alla determinazione della cosiddetta clearance della creatinina, che richiede anche il dosaggio della creatinina urinaria su urine di 24 ore e il cui valore è considerato corrispondente a quello del filtrato glomerulare. La clearance della creatinina, esame di basso costo ma fastidioso da eseguire per la necessità di raccogliere con precisione tutte le urine prodotte in un giorno, tende a sopravvalutare i valori del filtrato glomerulare sino a un 20%, ma è attualmente l’esame più eseguito quando si vuol determinare quanto funzionino i reni.
In alternativa, per calcolare il valore della filtrazione glomerulare o della clearance della creatinina, si possono utilizzare delle equazioni che non richiedono un dosaggio nelle urine, ma solo la creatininemia e alcune caratteristiche del paziente, e sono quindi più semplici da eseguire.
Le più diffuse sono:
– l’equazione MDRD e la formula da essa derivata CKD-EPI, che richiedono di specificare la creatininemia, il sesso, l’età, e l’etnia del soggetto in esame, e forniscono il valore del “filtrato glomerulare stimato”.
In internet sono disponibili dei calcolatori per formule da utilizzare nel caso che la creatininemia sia stata eseguita, o meno, con un metodo standardizzato secondo parametri internazionali.
– l’equazione di Cockcroft (che richiede creatininemia, età, peso, sesso del soggetto, e indica il valore stimato della clearance della creatinina). anche per il calcolo di questa equazione sono disponibili dei calcolatori in internet.
Se chi legge conosce il valore della propria creatininemia, può quindi facilmente conoscere il valore del suo filtrato glomerulare stimato, utilizzando i calcolatori CKD – EPI e MDRD del filtrato glomerulare presenti nel sito della National Kidney Foundation, per i quali esiste un link nella home page della Fondazione Italiana del Rene.
Per valori di filtrato glomerulare stimato superiori a 60 mL per minuto, la formula MDRD non è molto precisa, e per questo motivo è opportuno indicare che sono superiori appunto a 60 mL per minuto.
L’equazione CKD-EPI ha migliorato l’attendibilità dei valori sino a 90 ml per minuto e quindi ha innalzato il livello entro il quale possono essere indicati i dati numerici.
A giudizio del medico, un valore preciso può essere eventualmente ottenuto con la determinazione della clearance della creatinina. Ma già in questa prima valutazione c’è l’informazione fondamentale, cioè che la funzione renale è superiore o inferiore a 60 mL per minuto, livello al di sotto del quale cominciano a farsi sentire le conseguenze del danno funzionale su vari tessuti e organi, cuore compreso o ,meglio ancora è superiore a 90 ml/min.
La situazione è critica se il valore stimato della filtrazione glomerulare è inferiore a 29 o, peggio ancora a 15 mL per minuto.
La National Kidney Foundation statunitense, ad esempio, ha proposto una scala di valori con diversi gradi di danno che offre anche precisi riferimenti di valutazione, ed è ora largamente adottata. E’ riportata in un altro articolo di questo giornale.
D.: Perché non eseguire questo controllo in tutti gli adulti? E quale percorso seguire per rispondere alla domanda: stanno bene i tuoi reni?
R.: In pratica non possiamo ancora pensare in Italia a controlli regolari della funzione renale in tutta la popolazione adulta, ma è possibile invece prevedere almeno dei controlli sistematici delle urine, con strisce reattive. Contemporaneamente dovrebbero essere ricercati eventuali fattori di rischio per la comparsa di un danno renale, e dovrebbe essere misurata la pressione arteriosa. L’ipertensione arteriosa, prima causa di danno renale grave nel nostro ambiente, e a sua volta possibile segno di malattia renale, è definita dalla presenza di valori eguali o superiori a 140/ 90 mm Hg a qualsiasi età.
I controlli di cui abbiamo parlato, semplici, non costosi, richiedono poco tempo e sono eseguiti nelle campagne di screening proposte dalla Fondazione Italiana del Rene. In ogni caso essi dovrebbero essere fatti anche nel corso di visite mediche o di controlli sanitari occasionali, con frequenza annuale nei soggetti a rischio.
(fgiacchino@aslto4.piemonte.it)
Mar 14 2013
La diagnosi precoce delle malattie renali nel 2013
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