Operazione Minotauro: dopo le indagini ora il lavoro dei Magistrati
Si sono conclusi nella giornata di lunedì 13 giugno gli interrogatori di garanzia degli arrestati, nell’ambito dell’inchiesta “Minotauro” condotta dalla Procura di Torino. Davanti al Gip Silvia Salvadori il 70 per cento dei detenuti si è avvalso della facoltà di non rispondere. Tra di essi Giovanni e Bruno Iaria, secondo gli inquirenti esponenti dell’andrina che a Cuorgnè, aveva il suo quartier generale. Giovanni, è rinchiuso da mercoledì scorso, nel carcere di Biella, mentre Bruno, definito il “capo della locale” si trova da un anno rinchiuso a Vigevano. Nell’agosto scorso è stato condannato in primo grado a 13 anni per estorsione.
Ascoltato anche nel carcere di Brissogne, in Valle d’Aosta, dal Gip di Aosta Maurizio D’Abrusco, Antonino Battaglia (difeso dall’Avv. Franco Papotti che ne ha chiesta la scarcerazione immediata), Segretario del Comune di Rivarolo Canavese, accusato di aver trattato con ‘ndrangheta nelle elezioni europee del 6-7 giugno del 2009 per appoggiare il Sindaco del Comune di Rivarolo, Fabrizio Bertot. Ad incastrarlo alcune intercettazioni che parlano di 20mila euro in cambio dell’aiuto elettorale. A chiedere i soldi Giuseppe Catalano, capo della “locale” di Siderno di Torino, soprannominato “don Peppino”, a cui Battaglia avrebbe risposto: «…Ne parliamo con il Sindaco… in un modo o nell’altro li tira fuori… se no li tiro fuori io.»
Ma Battaglia, rigetta le accuse, negando qualsiasi contatto con l’ndrangheta. Al Bar Italia di via Veglia a Torino, certo, c’è stato, ma senza sapere di incontrare esponenti dell’ndrangheta, ma amici calabresi che potevano aiutare Bertot. E i 20mila euro? Un rimborso spese per la campagna elettorale, insomma una semplice trattativa per raccattare dei voti, così come capita in periodo di elezioni. Una “negoziazione” che vedrebbe coinvolto anche l’ultimo degli arrestati, Giovanni Macrì, fermato sabato di ritorno dalle ferie all’aeroporto milanese della Malpensa. Ad incastrare Battaglia anche una frase circa un favore da fare ad un amico per modificare la destinazione d’uso di un terreno a Volpiano, in cambio di 50mila euro. Intanto restano cinque le persone ancora da arrestare. Due di essi i fratelli Rocco e Natale Trimboli, sono latitanti da un anno; poi ci sono Vincenzo Femia e Demetrio Tripodi, due figure minori coinvolte nel traffico di sostanze stupefacenti, e Giuseppe Gallizzi il calabrese che voleva dare vita alla “locale” di San Giusto.
E se gli interrogatori non hanno per il momento dato dei risultato, si continua a parlare delle intercettazioni telefoniche e ambientali che hanno costituito e costituiscono uno degli elementi più importanti della attività di indagine.
Anche se non risultano indagati si continua a porre attenzione sui soliti nomi. Come quello di Claudia Porchietto a cui l’ordinanza del Gip dedica un intero capitolo per raccontare un episodio «altamente rappresentativo dell’influenza che la ‘ndrangheta assume nella vita democratica (e in particolare del legame esistente con esponenti politici)». I fatti si riferiscono alla campagna elettorale per le provinciali del 2009, quando la Porchietto era candidata alla Presidenza.
Vengono registrate una serie di conversazioni dalle quali emerge che Luca Catalano, nipote di Giuseppe Catalano, stava organizzando un incontro tra “una donna”, la Porchietto, e lo stesso Catalano, al quale doveva assolutamente partecipare anche Francesco D’Onofrio». Giuseppe Catalano è definito un alto esponente provinciale della ‘ndrangheta a Torino, il nipote Luca è all’epoca Consigliere Comunale del Pdl a Orbassano mentre D’Onofrio è ritenuto uno dei vertici del crimine in Piemonte.
Non solamente il colloquio avvenuto durante l’incontro, ma anche le intercettazioni ambientali tra lo zio Giuseppe e il nipote Luca in cui si parla di temi riconducibili alle prossime elezioni e all’implicazione nella vicenda della citata candidata, appena incontrata».
Altri nomi: come quello del Sindaco di Castellamonte, Paolo Mascheroni, che risulta al centro di una conversazione tra due esponenti della ‘ndrina locale che lo definiscono «bravo e sempre devoto.»
Non solamente accuse relative al rapporto tra politica e ‘ndrangheta. Anche minacce a chi ha denunciato le persone sbagliate. È il caso del geometra Flavio Novaria, appena candidato alle elezioni comunali di Cuorgnè e con un passato da esponente della allora maggioranza Cavalot. Nel luglio del 2007 presentò un esposto per alcune irregolarità in un cantiere della famiglia Racco i cui esponenti, Domenico e Giuseppe Racco, padre e figlio, sono stati arrestati la settimana scorsa come affiliati alla “locale” di Cuorgnè.