A Torino ho vissuto per 29 anni. Ho amato profondamente questa città, prima che fosse bella come appare oggi. La Torino che ricordo è quella degli anni ’70, della crisi Fiat e della “austerity”. Anche delle domeniche in bicicletta che piacevano ai bambini, ma che indicavano una pericolosissima crisi petrolifera. E la Torino delle lotte sindacali, della marcia dei quarantamila, del terrorismo, delle lotte studentesche del 1978/’79 che affondavano le loro radici sulla rivolta giovanile di una decina di anni prima. Poi gli anni ’80, l’Università ed i miei primi lavori. Ma si doveva aspettare la fine degli anni ’90 per vedere la città cambiare volto: il centenario della Fiat e l’Ostensione della Sindone del 2000 sono stati due motori di rinnovamento. Il preludio alle Olimpiadi ed alla scoperta di una città diversa, che ha saputo anche diventare turisticamente attrattiva.
È la Torino che oggi conosciamo, trasformata nel giro di una quindicina di anni.
Ma nel frattempo anche la mia vita cambiava: lasciavo la città per il Canavese, un colpo di fulmine ricambiato che si è trasformato in amore pieno. Ma senza scordare Torino.
Domenica scorsa alla Adunata degli Alpini è stata una emozione fortissima sfilare nella “mia” Torino fianco a fianco alla Sezione di Ivrea della Associazione Nazionale Alpini del “mio” Canavese.
Essere orgoglioso di sentire gridare ”Viva Ivrea” e sentirsi fiero dei tanti e positivi apprezzamenti sul capoluogo, anzi sulla Capitale.
Per me è stato toccare con mano il presente che si unisce al passato: vedere la genuinità del nostro popolo canavesano percorrere in maniera entusiasta le “mie” vie: corso Vittorio, la Stazione di Porta Nuova, piazza Carlo Felice, via Roma; proprio la zona dove sono cresciuto e dove papà e mamma lavoravano.
E mentre scatto le foto e penso ai miei personalissimi ricordi; proprio nel momento in cui la Fanfara della Sezione di Ivrea intona la Marcia dei Coscritti Piemontesi: “L’è ‘l Piemont ch’a-i dà a l’Italia soa pi bela gioventù!”. So di essere ancora un privilegiato, per la mia famiglia di ieri e di oggi, per il mio lavoro che mi dà la possibilità di vivere momenti entusiasmanti come quelli di domenica.
Penso a com’era Torino e a come è diventata e mi auguro che anche il Canavese possa avere uno scatto che gli consenta di migliorare. Proprio come è successo al capoluogo.
Lo dico a me stesso, ma anche ai tanti nostri Sindaci che con entusiasmo hanno accompagnato gli Alpini a Torino.
“Tucc un”, tutti uno dice il motto della Sezione di Ivrea riportato sullo striscione che apre la sfilata. Forse può essere questo il segreto: ripartire da quel 1918, quando nacque quel motto che intendeva unità. Unità di intenti, di azioni, di persone. Quella stessa unità che non si vede nel nostro territorio frammentato, geograficamente e politicamente. E allora è da lì che bisogna cercare di ripartire. È quanto ci dicono gli Alpini e mi sa che ancora una volta hanno ragione: Tucc un, tutti uno!
Penso e mi auguro questo mentre vedo il “mio” Canavese sfilare nella “mia” Torino.
Mario Damasio